Il non profit è alla ricerca di manager?

Federico Spazzoli, Presidente Community Centro studi e ricerche

Gestire un’impresa sociale richiede competenze manageriali in senso stretto oppure possiamo pensare che il non profit abbia già al suo interno le conoscenze necessarie per stare sul mercato?
Come si può far coincidere competenza gestionale, efficacia ed efficienza operativa con i principi e le pratiche della solidarietà, del sostegno, dell’aiuto e del valore sociale del proprio agire?
Il management è una scienza ancora affidabile, se mai lo è stata, sostenibile, e può essere applicata anche alle imprese sociali oppure è necessario un profondo ripensamento sulle strategie generali delle pratiche organizzative, rispetto al pensiero unico che in questi anni ha dominato gran parte del mondo accademico e produttivo nazionale ed internazionale, producendo effetti a noi tutti visibili sulle vite delle persone, dell’ambiente, del modo di pensare e lavorare?
Le domande sopra esposte non nascono da un ragionamento astratto e teorico sulla gestione e l’organizzazione aziendale ma sono il risultato di un lungo percorso di ricerca scientifica e di innovazione sociale che come Centro Studi abbiamo realizzato dall’inizio degli anni 2000.
Abbiamo immaginato un non profit profondamente diverso da quello attuale, che sapesse realmente stare sul mercato, quindi con autonomia sempre crescente rispetto al settore pubblico, che fosse pienamente consapevole del ruolo importantissimo che l’economia sociale ricopre in questo momento storico ed anche del possibile determinante contributo al cambiamento dei paradigmi economici dei nostri giorni.
Dall’altro pensiamo che i modelli aziendali for profit, nei quali è preponderante la massimizzazione del profitto e dove per esempio la gestione del personale, non ci piace il termine human resources, sia imperniata solo su modelli gerarchici ed apicali, siano entrati ormai in una fase di crisi profonda e irreversibile.
Le aziende for profit tradizionali sono alla continua ricerca di innovazione di prodotto che possa determinare il successo produttivo e commerciale delle proprie produzioni.
Le aziende senza scopo di lucro invece sono da sempre attente all’innovazione di processo, all’inclusione sociale, al ruolo attivo nella società come agenti di cambiamento e motore di crescita economica condivisa e partecipata.
E’ possibile quindi che il non profit possa “ispirare” il management delle aziende for profit, quelle più illuminate, e che l’imprenditore e l’azienda assumano un ruolo sociale molto definito verso percorsi condivisi di cambiamento, di innovazione di processo e di prodotto e di produzioni a forte impatto sociale ed ambientale?
Le nostre ricerche, il confronto con colleghi accademici, il nostro lavoro con imprenditori e dirigenti sia for profit che non profit, indicano chiaramente che questa può essere una strada altamente percorribile ed un nuovo paradigma economico come già avviene in molti paese europei.
La letteratura scientifica internazionale propone, sin dal 2009, una serie di riflessioni e di temi che incontrano ampiamente quanto affermato sopra e che tracciano percorsi manageriali completamente nuovi sia rispetto alle tradizionali funzioni di dirigenza che anche sui temi della produzione e delle relazioni organizzative interne ad unità produttive nazionali ed internazionali.
Il nostro paese, così terribilmente provinciale e legato ai vecchi ed obsoleti temi della gestione aziendale, saprà dotarsi di un impianto teorico e pratico che incontri i nuovi sviluppi internazionali e sappia far propri anche i temi che il non profit da tanti anni propone come la motivazione, la creatività e la leadership?
Questa è l’unica sfida possibile per un pianeta alla disperata ricerca di uno sviluppo umano e sostenibile.

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