Il marketing strategico per le ONP

Daniele Pedrazzi*

Introduzione

Parlare di marketing presuppone la presenza di un market, di un mercato, e di utenti da servire. Di fronte a questa premessa, molti operatori delle ONP, in particolare di quelle a scopo associativo o su base volontaristica, si definirebbero estranei rispetto al marketing, dicendo che – sì, va bene -, però le loro organizzazioni non hanno alcun prodotto da vendere né una articolazione organizzativa orientata al mercato, né sono in competizione con alcun concorrente.
Questa distorsione interpretativa deriva dal radicamento di un’accezione riduttiva e sminuente del marketing (ma che è – per onestà – l’accezione più diffusa anche dentro e fuori dalle aziende profit, e che gli operatori di marketing hanno contribuito a consolidare): e cioè che il marketing sia un’appendice della funzione vendite di un’azienda, la fucina delle soluzioni che permettono a chi sta sul mercato di sviluppare il fatturato, il braccio armato dei direttori commerciali o direttori vendite che dir si voglia.
E invece, il marketing rappresenta la disciplina – a carattere innanzitutto strategico – che ha l’obiettivo di connettere le organizzazioni, i loro obiettivi, i loro utenti, i bisogni di questi ultimi. Pertanto, è evidente come il marketing abbia piena attinenza anche con le organizzazioni del terzo settore, che sono accomunate alle aziende profit dall’esigenza di riallineare con continuità il senso del proprio esistere e del proprio agire alla platea di soggetti cui si rivolgono.
Paradossalmente, possiamo giungere ad affermare che il marketing non può non esistere in una organizzazione, in quanto il motivo intrinseco che ha condotto l’organizzazione a nascere e che le consente di mantenere un significato nell’ecosistema in cui si colloca, ha alla base un fondamento costituito proprio dal marketing, in quanto è esso che l’ha abilitata a cogliere un bisogno e ad organizzare una risposta al medesimo.
In questo capitolo ci soffermeremo a ricercare le ragioni profonde dell’imprescindibilità di un approccio di marketing alle questioni fondanti che riguardano le organizzazioni (il Perché), quasi una “metafisica del marketing”, proseguiremo inquadrando il perimetro tematico del marketing strategico in un’organizzazione (il Cosa e Chi), per poi scendere in picchiata su opzioni e suggerimenti operativi ed organizzativi (il Come) per tradurre nel concreto i presupposti concettuali affrontati nella parte iniziale.
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L’autore di questo capitolo è responsabile delle funzioni di marketing strategico e CRM del Gruppo Banca popolare dell’Emilia Romagna
6.1 Perché marketing strategico per le ONP
Nell’introduzione di questo capitolo, abbiamo definito il marketing (strategico) come la disciplina strategica che ha l’obiettivo di connettere le organizzazioni, i loro obiettivi, i loro utenti, i bisogni di questi ultimi. Stiamo, pertanto, attribuendo al marketing un ruolo di “produttore di senso, di significato” nelle organizzazioni, e questo ruolo è tanto più saliente quanto più ci si spinge avanti sull’asse-tempo della storia di una realtà organizzativa. Infatti, se ai primordi della propria esistenza un’organizzazione è fortemente aderente alla visione, alla volontà, al DNA di coloro che l’hanno fondata, e riflette in modo stretto il motivo (lo scopo sociale) per cui essa è sorta, con il tempo è possibile che tale identità vada diluendosi o snaturandosi.
Certo, qui non stiamo teorizzando l’immutabilità della strategia delle organizzazioni nel tempo, è evidente come esse debbano saper adattarsi al mutare del contesto ed ai nuovi bisogni che esso sempre rigenera. Tuttavia, è importante osservare come – in un’organizzazione – l’avvincendarsi nel tempo di nuovi gruppi dirigenti, o il fisiologico passaggio di testimone cui la/le figure di riferimento dell’epoca fondativa vanno incontro, spesso porti con sé significative discontinuità d’indirizzo. In questi casi, non è infrequente assistere – da un lato – ad un’evoluzione dell’organizzazione verso una maggior efficienza, una miglior apertura alla contemporaneità (uso delle tecnologie, stili gestionali, ecc.), dall’altro lato, ad un possibile smarrimento di una nitida direzione valoriale e strategica.
Allora, diviene fondamentale tornare sistematicamente a porsi alcuni interrogativi di fondo, con lo scopo – attraverso le risposte agli stessi – di riallineare sé stessi, le proprie scelte gestionali, l’intera organizzazione. Eccone alcuni esempi:
Quale è l’eredità fondativa lasciataci dai promotori originari della nostra organizzazione?
Quale è/Quali sono i bisogni della società cui ci si è dati l’obiettivo di fornire una risposta, attraverso l’organizzazione?
Chi sono i nostri stakeholders e quali sono i motivi che spingono ciascuna categoria ad aderire o ad essere partecipi del progetto della nostra organizzazione?
Cosa determina la credibilità della nostra organizzazione, e cosa la rende unica e peculiare?
Quale è la promessa della nostra organizzazione, e cosa facciamo oggi per renderla concreta?
Le regole di governance e la democrazia interna sono coerenti rispetto al DNA della nostra organizzazione?
Si comprende, quindi, la centralità della vision e della mission di una ONP, di cui tanto si è detto e scritto negli ultimi anni nella letteratura di settore, quali ancoraggi fondamentali dell’azione strategica e gestionale del management del Terzo settore.
In definitiva, quindi, la necessità di un orientamento al marketing strategico, di una presenza costante di esso nel framework di governo e indirizzo di un’organizzazione, è sintetizzabile – come mi venne detto qualche anno fa da un importante manager con una felice espressione – nel “ricordare (all’organizzazione) di avere un’anima”, ossia nel presidio sistematico della coerenza fra la propria natura peculiare di ente sorto per un preciso disegno fondativo che ha proposto una risposta originale ad un bisogno, e l’azione gestionale ed operativa concretizzata nel tempo da gruppo dirigente e singoli individui.
In questo senso, il ruolo del marketing è davvero strategico soltanto qualora esso riesca ad influenzare la strategia dell’organizzazione, ponendosi a difesa della prospettiva del “cliente”/utente e collocandola in una posizione baricentrica nell’orizzonte delle scelte manageriali. A tale scopo, è fondamentale che l’organizzazione preveda e definisca in modo esplicito una serie di attività e processi, nei quali possa concretizzarsi il riallineamento fra la traiettoria delle attese e dei bisogni degli stakeholders e quella dell’indirizzo strategico ed operativo della ONP. I principali sono:
il Piano strategico pluriennale, preceduto da programmi di ascolto delle diverse categorie di stakeholders;
la pianificazione annuale;
il piano di fund-raising (per le ONP che fanno ricorso alla raccolta fondi da donatori);
il Bilancio di missione e il rendiconto annuale, quali importanti momenti di verifica a posteriori dei risultati dell’azione rispetto alle attese ed ai piani.
E’ fondamentale sottolineare come si tratti di processi e non soltanto di documenti, come invece spesso accade. In quanto processi, essi richiedono di essere disciplinati in termini di tempi, ruoli, responsabilità, obiettivi, per scongiurare il rischio di un’estemporaneità che ne renda il risultato il frutto di una pura alchimia organizzativa o – peggio – un esercizio di pura esteriorità. Il marketing, rispetto a tutto questo, è in causa non tanto come l’ambito funzionale che si occupa di produrre i documenti indicati, bensì come ambito concettuale che ne deve disciplinare ed orientare il metodo ed il merito.
Possiamo arrivare a concludere, in definitiva, che il cuore della pianificazione strategica di un’organizzazione è rappresentato dal suo Piano di marketing, in quanto esso è – al contempo – principio (il cliente/utente come principale “perché” dei progetti e dell’azione dell’organizzazione) e termine (la pianificazione operativa di marketing come più importante modalità attuativa degli obiettivi di breve-medio periodo dell’organizzazione) del ciclo di definizione e concretizzazione della strategia.

6.2 Cosa e Chi marketing strategico per le ONP
Acclarata l’impellenza di iniettare più marketing nelle organizzazioni, passiamo ora ad analizzare il perimetro di contenuti essenziale per dare sostanza a tale orientamento.
Passeremo in rassegna elementi di contenuto che si pongono in via complementare, e non alternativa, alle altre attività più operative di marketing associativo; queste ultime, che risultano essenziali per lo sviluppo e la concretizzazione degli scopi della ONP, possono a loro volta beneficiare di una più nitida cornice strategica.
a) identità, missione, posizionamento
Se ragioniamo su di un piano individuale, ci è facile comprendere quanto la chiara definizione e consapevolezza di un’identità propria da parte di un soggetto, ne favorisca una condotta esistenziale coerente, nitida, intelleggibile. Parliamo, in questi casi di “personalità” dell’individuo, a sottolinearne – nello stesso momento – i tratti distintivi e la forza di affermare la propria identità. Lo stesso principio vale anche per le organizzazioni umane, che in quanto fatte e animate da individui, e inserite in un contesto sociale, soggiaciono alle medesime dinamiche. E allora, ha senso parlare di una “personalità delle organizzazioni”, a richiamare l’importanza di una consapevolezza identitaria, e di un progetto per esprimere la stessa nell’ecosistema sociale.
La radice comune dei termini “identità” e “identificazione”ci aiuta ad inquadrare una delle proprietà fondamentali del profilo identitario di una organizzazione: l’assunzione di una consapevolezza su “chi siamo” (l’identità) e su “chi vogliamo essere” (la missione) facilita il riconoscimento da parte degli altri (l’identificazione), e agevola altri individui ad associare se stessi a noi (in qualità di aderenti, sostenitori, operatori, “tifosi”, ecc.), consentendo di fare emergere quella prossimità valoriale che porta naturalmente i soggetti a ricercare e ad aderire a propri simili sul piano etico, morale, comportamentale.
Pertanto, ogni ONP ha una stringente necessità di esplicitare e proiettare all’esterno una propria, chiara identità, che ne qualifichi l’esistenza e la presenza nella società, aiutandola a competere con altre organizzazioni nella contesa di risorse scarse, quali volontari motivati e fortemente ingaggiati, sostenitori stabili e forti, operatori e manager qualificati, istituzioni pubbliche attente ed aperte alla sussidiarietà.
Come nel for profit, anche per le ONP è possibile, quindi, parlare di posizionamento strategico, inteso come la collocazione spaziale nel quadro dell’ecosistema sociale di riferimento, nel quale l’organizzazione non profit si va a posizionare in funzione della propria identità e della propria mission, marcando una specifica distanza fra sé e gli altri soggetti che vi agiscono.
Prima che all’esterno, l’identità ha una valenza fondamentale internamente ad un’organizzazione, in quanto rappresenta il riferimento, l’ancoraggio rispetto al quale matura l’allineamento valoriale e comportamentale degli individui che ne fanno parte. L’azione esercitata dall’allineamento identitario è sia simile a quella di un collante, che tiene uniti i tasselli dell’organizzazione contrastando le spinte centrifughe, sia analoga a quella di un propellente, in quanto l’identità non si esprime come un dato statico, ma come un fattore dinamico, indicando la direzione (il senso) verso cui l’organizzazione è proiettata.
b) trasparenza, reputazione, fiducia
Nelle organizzazioni che fondano la loro esistenza nel tempo sulla base di relazioni di durata (come è anche per le ONP in rapporto ai loro stakeholders), la fiducia è il propellente fondamentale per ri-alimentare, nel tempo, il ciclo di sopravvivenza e rigenerazione dell’organizzazione stessa. Quali aderenti rinnoverebbero nel tempo la propria adesione, nel caso di un’associazione che non dimostri di meritare la loro piena fiducia? Lo stesso dicasi per i donatori: chi continuerebbe ad affidare somme ad organizzazioni poco trasparenti, o con una reputazione incerta o compromessa? E quali dipendenti o volontari presterebbero con passione, motivazione e continuità il proprio operato per un’organizzazione poco affidabile e dalle condotte interne od esterne opache?
Il governo attivo della reputazione di una organizzazione è un fattore strategico primario, in quanto il ruolo propellente della fiducia è alla base del ciclo di generazione del valore (sia esso valore economico, sociale, relazionale).
Perché avviene tutto questo? Innanzitutto, poiché le organizzazioni si sviluppano ed operano in un contesto umano, e le relazioni umane e la società sono fondati sulla fiducia e sull’empatia fra soggetto e soggetto, fra soggetto ed organizzazioni. Esistono differenti stadi della fiducia, e lo stadio più avanzato – quello della fiducia incondizionata – si basa su presupposti di condivisione dei valori. A questo, vanno ad aggiungersi fattori di contesto storico: lo sviluppo fenomenale dei fenomeni di socializzazione digitale stanno facendo crescere in modo vertiginoso le opportunità ed il bisogno di elevata interazione fra gli individui, in una ricerca esasperata di confronto e conferma. Ne consegue che il bisogno di affidabilità delle persone e di effettività del mantenimento delle promesse da parte delle organizzazioni, sta generando un innalzamento esponenziale della domanda di trasparenza, di responsiveness.
Poco sopra, abbiamo parlato della necessità per le organizzazioni di un “governo attivo della reputazione e della fiducia”; ma cosa significa, in concreto? In chiave strategica, significa fare della trasparenza, dell’onestà, della correttezza un tratto distintivo dell’organizzazione, e perseguirle fattivamente attraverso governance, regole, processi, comportamenti. L’organizzazione deve assomigliare ad una “casa di cristallo”, per un presupposto etico e – al contempo – strategico. Gli individui, sotto qualsiasi categoria di stakeholder si manifestino, cercano ardentemente organizzazioni di cui avere fiducia incondizionata, nelle quali riporre tutte le proprie motivazioni e spinte ideali.

c) ascolto
Per ogni tipo di organizzazione, comprese quindi anche quelle non profit, la regola aurea dell’ascolto dei propri stakeholders rappresenta un elemento basilare della strategia operativa. Qualsiasi entità sociale, individuale o collettiva, che non si pone in una dimensione dialogica con il mondo circostante, va incontro inevitabilmente all’isolamento ed alla perpetuazione dei propri errori. In questo senso, pertanto, è fondamentale che anche le ONP si dotino di una consapevole strategia di ascolto e dialogo con le diverse categorie di soggetti che compongono l’ecosistema circostante:
utenti destinatari delle attività associative o dei servizi dell’organizzazione;
addetti (dipendenti e/o volontari);
base sociale/associativa e relativi organi di rappresentanza;
donatori o contributori economici;
enti ed amministrazioni pubbliche del contesto settoriale e territoriale di riferimento;
altri organismi di rappresentanza (es. Forum del Terzo settore, Centri di Servizi per il volontariato, associazioni o federazioni di affiliazione, ecc.);
cittadinanza del contesto territoriale di radicamento.

Porsi in ascolto e dialogo delle diverse categorie di stakeholders determina una serie di benefici che alimentano un circolo virtuoso di marketing strategico all’interno dell’organizzazione:
restituisce un feed-back di valutazione del proprio operato, in termini di allineamento alle aspettative e di sentiment complessivo verso l’organizzazione;
consente di cogliere eventuali segnali di insoddisfazione o inadeguatezza, e di porvi rimedio con tempestività;
consente di mappare periodicamente i bisogni delle diverse categorie di soggetti, e di comprenderne la priorità e l’evoluzione nel tempo, orientando la progettazione delle attività;
genera allineamento nell’organizzazione in relazione alla centralità di un approccio stakeholders based nella formulazione delle strategie, arginando i pericoli di autoreferenzialità sempre incombenti nelle organizzazioni umane;
consente di mappare i nessi causa-effetto nelle dinamiche fra i diversi stakeholders, valorizzando un’interpretazione fondata sulla complessità delle relazioni e delle interazioni, a scapito di una lettura “a silos” che spesso rischia di banalizzare e schematizzare eccessivamente le riflessioni e le relative soluzioni.

Nel terzo paragrafo, affronteremo “come” organizzare ed effettuare le attività di ascolto degli stakeholders; in tale ambito, vedremo come i tools della ricerca di mercato possano venire in aiuto anche delle ONP di minori dimensioni, dando accesso ad una dimensione fondamentale di conoscenza ed indirizzamento del proprio agire.

d) analisi e misurazione
Un marketing che non si fondi su solide e robuste basi di oggettività dei propri assunti, rischia inesorabilmente di rimanere relegato e classificato come “scienza delle opinioni”, ed – in quanto tale – trattato con diffidenza rispetto alle altre discipline core di management e gestione delle organizzazioni.
A partire da questa constatazione, si pone con forza l’imperativo di impostare le attività di marketing, tanto all’interno delle aziende for profit quanto nelle ONP, secondo criteri di elevata oggettivizzazione, ricercando sempre – ove possibile – la rappresentazione quantitativa dei fenomeni e la dimostrazione concreta e scientifica delle correlazioni fra più evidenze gestionali. A titolo di esempio, si cita questo tipico caso: in un’azienda for profit la funzione di marketing si dibatte per affermare con forza l’importanza di operare secondo criteri di customer satisfaction e qualità del servizio, e allo scopo, realizza specifiche misurazioni di qualità erogata e percepita, individuando i punti di forza e di debolezza relativi; la Direzione vendite, concentrata sull’andamento gestionale e sulle performance della bottom-line, presta scarsa attenzione alle evidenze fornite dal marketing, e – al contempo – fatica ad individuare le leve per modificare il corso delle performance gestionali, nonostante tutto il push effettuato sui venditori e sugli area manager. Si determina, così, una situazione che vede due ambiti funzionali aziendali frustrati e inefficaci; la situazione si risolve quando, grazie alla maturazione di nuove conoscenze manageriali, l’azienda giunge a porre in connessione i driver di marketing con quelli di performance commerciale, comprendendo che le leve sino a quel momento ricercate invano dalla Direzione Vendite erano svelate proprio dai punti di forza e di debolezza rispetto alla soddisfazione dei clienti ed alla qualità del servizio erogata.
Il semplice esempio citato ci dice che cosa misuriamo influenza cosa otteniamo. Focalizzarsi sulla misurazione e valutazione di variabili “a valle” dei processi trascurandone le determinanti “a monte”spesso porta l’organizzazione a condotte gestionali squilibrate. E cosi, anche nel campo delle ONP, concentrarsi soltanto sul risultato di una campagna di fund raising senza rilevare i fattori a monte di quel determinato esito, può essere fuorviante; oppure, per un’associazione sportiva o culturale, giudicare il successo di una manifestazione dal numero dei partecipanti e trarre da tale dato tutto le conclusioni, è quantomeno parziale; ancora, per una fondazione di erogazione valutare il successo di un bando di fondi sulla base del numero di enti richiedenti, non avvalendosi di indicatori “a monte” del percorso dell’iniziativa, può portare ad ipotizzare correttivi che orientano le risposte verso qualche falso problema.
Pertanto, è estremamente importante che anche le ONP maturino una vera e propria “cultura delle metriche”, che non presuppone lo sviluppo di chissà quali competenze o la dotazione di particolari strumenti, bensì richiede la capacità di aprirsi concettualmente all’analisi oggettiva dei fenomeni e della loro catena sequenziale, salendo alle fonti reali del successo od insuccesso delle strategie e delle condotte gestionali.

e) progettazione
Qualche anno fa, una ONG di medie dimensioni attiva nel campo umanitario e delle adozioni a distanza si trovò ad analizzare i motivi di una significativo calo della raccolta fondi registrato rispetto agli anni precedenti. Tale situazione, che rischiava di compromettere in modo drammatico la prosecuzione dei programmi pluriennali avviati in alcuni Paesi in via di sviluppo, aveva indotto gli organi direttivi dell’organizzazione a tentare la strada dell’avvicendamento del direttore della ONG, inserendo un nuovo manager proveniente da una ONP di un settore diverso.
Dopo il suo insediamento, il nuovo direttore promosse la realizzazione di una approfondita diagnosi dell’intero ciclo di formazione del valore dell’organizzazione, individuando un problema fondamentale che stava all’origine della disaffezione dei sostenitori: l’assenza di progettazione dell’esperienza dei medesimi, e le carenze nella progettazione dei processi dell’organizzazione. In una parola: progettazione.
Per citare soltanto alcuni dei gap individuati, emerse come vi fosse una forte trascuratezza nella cura degli elementi di coinvolgimento emotivo, di rassicurazione e chiarezza per i donatori. La classica corrispondenza periodica inviata al domicilio dei sostenitori era poco stimolante e coinvolgente; la periodicità di invio era quantomeno aleatoria; le informazioni relative a benefici fiscali erano poco valorizzate e mancavano riferimenti per eventuali richieste di chiarimento o di assistenza; il sito Internet risaliva a diversi anni addietro, ed il presidio su di esso era modesto. Inoltre, anche i viaggi nei Paesi stranieri che l’organizzazione periodicamente promuoveva tra i propri sostenitori, erano mal comunicati e poco curati nei dettagli, rischiando di generare un effetto contrario a quello desiderato, in chiave di engagement dei sostenitori.
L’esempio riportato ci dice come sia strategico, nel contesto delle attività di marketing di una ONP, presidiare al più elevato grado di rilevanza manageriale, la progettazione degli elementi di experience della base associativa e dei sostenitori, e quella dei processi di relazione e servizio ai medesimi. Spesso tali aspetti, ed in particolare quelli che si sostanziano in comunicazione esterna, sono affidati a giovani e volenterose agenzie di comunicazione o organizzazione eventi, di indiscusse capacità tecniche ma che potrebbero trascurare l’importanza di connettere il proprio operato rispetto alla cornice identitaria, di posizionamento, di bisogni e caratteristiche della specifica platea di riferimento della ONP.
La progettazione di esperienze e processi di relazione e servizio richiede di adottare un classico ciclo di ascolto, disegno, implementazione, monitoraggio. Per la prima e l’ultima fase, sono evidenti le connessioni con il tema della “analisi e misurazione” (v. punto c): al principio ed alla conclusione di tale ciclo, è fondamentale porre poche, semplici ma efficaci attività di diagnosi, per indirizzare consapevolmente il disegno e l’implementazione di esperienze e processi che contribuiscano in modo vincente allo sviluppo dell’organizzazione ed al conseguimento dei suoi scopi.
Chi: quale presidio per le attività di marketing strategico nelle ONP
Nella maggior parte delle organizzazioni non profit, non è previsto alcun presidio specifico delle attività di marketing da parte di ruoli o funzioni dedicati; al più, in genere esso è collocato assieme alle attività di comunicazione, di gestione eventi e di sviluppo associativo, a testimoniarne una declinazione prevalentemente operativa.
La natura dei temi posti in precedenza nel perimetro del marketing strategico di una ONP, al contrario, ne enfatizzano la valenza innanzitutto manageriale, direzionale, in quanto molto prossima ai gangli esistenziali dell’organizzazione. Ne discende che il marketing strategico, in una ONP, è un ambito concettuale molto più che un ambito funzionale, è una forma mentis che attiene alle responsabilità manageriali di chi dirige l’organizzazione (dirigere = dare una direzione, un senso).
Allora, è il gruppo dirigente dell’organizzazione che deve educarsi al marketing strategico, ossia ad un approccio strategico alle questioni che danno una direzione, e che indirizzano verso la reinterpretazione continua degli scopi sociali. Come detto in precedenza, è fondamentale che nell’organizzazione siano previsti spazi specifici di pensiero ed elaborazione del pensiero strategico, incardinati in processi di formazione dei documenti strategici dell’organizzazione (v. par.1).
La responsabilità strategica del gruppo dirigente, tuttavia, per non divenire elitaria, richiede di essere inclusiva e partecipata, proiettandosi all’interno dell’organizzazione per dare parola alla ricchezza di esperienze e sensibilità di chi opera nelle diverse aree d’attività dell’organizzazione. Pertanto, è importante che la formulazione strategica avvenga secondo un percorso che prevede situazioni di coinvolgimento di operatori, volontari, ecc. Ma oltre che essere “voce”, costoro possono e devono divenire anche testimoni nel continuo di un’orientamento collettivo ad essere anima di un’organizzazione, che fa della nitidezza strategica, identitaria, della vocazione all’ascolto, della chiara definizione del proprio essere e del proprio fare, una prerogativa essenziale.

6.3 Come marketing strategico per le ONP
I temi discussi nel paragrafo precedente possono determinare, soprattutto per le ONP di minori dimensioni, un senso di “vertigine” per la ponderosità e la complessità ad essere affrontati in contesti organizzativi spesso elementari, e guidati da figure – in genere – con ridotte nozioni manageriali.
In questo paragrafo, tuttavia, tenteremo di fornire indicazioni attuabili anche dalle realtà minori, perché siamo convinti che più che lo spiegamento di mezzi o di metodologie, conti l’orientamento concettuale a concatenare i diversi stadi del pensiero prima strategico e quindi operativo in una sequenza logica di azioni che fondano il cosa ed il come sulla base di solidi perché.
Identità, missione, posizionamento
Il primo passo per la maturazione di un nitido profilo identitario per una ONP è rappresentato dalla esplicitazione dell’identità, dei valori e della missione dell’organizzazione. Tale esplicitazione può avvenire secondo modalità plurime, complementari fra loro:
attraverso la (ri)elaborazione di documenti e dichiarazioni fondative dei soggetti che hanno promosso la nascita della ONP;
mediante l’effettuazione di sessioni di formulazione identitaria da parte del gruppo dirigente, per la messa a fuoco condivisa dei tratti peculiari della ONP;
mediante l’aggiornamento periodico dello statement identitario e valoriale pre-esistente, qualora nel passato l’organizzazione si fosse già cimentata nella definizione del proprio profilo.
Una volta definite, l’identità e la missione di un organizzazione richiedono di essere preferibilmente incorporate in modo chiaro nel brand della medesima, in modo da trasferire chiaramente all’esterno gli attributi peculiari e la vocazione che essa rappresenta. Il brand, infatti, costituisce un prezioso sostituto d’informazioni che può assolvere un ruolo fondamentale nel creare distintività, contribuendo ad attrarre audience, risorse, competenze.
Anche il posizionamento, tipico concetto competitivo e pertanto apparentemente più distante dal mondo del non profit, rappresenta – al contrario – un’utile leva strategica anche per una ONP. Posizionarsi consapevolmente nel contesto del terzo settore e dello specifico ambito d’intervento, infatti, dà l’opportunità ad un’organizzazione di farsi percepire nella propria unicità, con la propria proposizione di valori e di valore.
Un’altra proprietà fondamentale di una nitida definizione identitaria, di missione e di posizionamento, è costituita dalla capacità di divenire elemento di engagement e di allineamento per i membri dell’organizzazione (personale dipendente, volontari, membri degli organi associativi/direttivi, ecc.). Tale aspetto, che spesso nelle organizzazioni è lasciato alle cure della funzione HR, rappresenta un fondamentale driver di indirizzo e governo strategico anche in ottica di marketing.
Sul piano degli strumenti, un utile veicolo del profilo identitario di un’organizzazione è rappresentato dalla Carta dei valori, la quale – se vissuta come uno strumento agito e non come un fattore statico – può svolgere un ruolo di efficace ancoraggio per i diversi stakeholders.
Un altro importante strumento, che può consentire di riscontrare concretamente l’effettiva attuazione della Carta dei valori, è il Bilancio di Missione. Esso, entrato ormai nelle prassi della maggioranza delle ONP, richiede un rigoroso e trasparente esercizio d’introspezione e successiva rendicontazione dei traguardi raggiunti e di quelli mancati, fotografando a consuntivo l’operato di una stagione di attività, e fissando gli obiettivi e gli impegni dell’epoca successiva.
Trasparenza, Reputazione, Fiducia
Essendo in presenza dei più intangibili fra gli asset di un’organizzazione, la sfida di dare concretezza ad una strategia di governo di tali fattori potrebbe apparire improba. Esistono, invece, poche e semplici attività che possono essere impostate anche da una ONP per incorporare nella propria azione di marketing strategico tutto il valore di simili, fondamentali tasselli.
Innanzitutto, come detto in precedenza, è fondamentale che trasparenza e reputazione vengano volontariamente collocate tra gli attributi fondamentali dell’identità e del posizionamento dell’organizzazione (v. punto precedente), con l’obiettivo di renderle fulcro dell’impostazione della strategia, dei processi e dell’azione della medesima.
Per quanto concerne, specificamente, la trasparenza, tra gli interventi concreti che possono essere attuati per dare sostanza all’orientamento strategico basato su di essa, vi sono:
la definizione di regole di governance della ONP atte a favorire una gestione trasparente, quali ad esempio lo svolgimento di assemblee e riunioni in forma pubblica, la pubblicazione di verbali e atti, la limitazione del numero di mandati consecutivi per gli incarichi direttivi, ecc.;
la puntuale e precisa rendicontazione delle attività istituzionali dell’organizzazione, comprese le informazioni qualitative legate agli esiti delle iniziative promosse;
una dettagliata ed esaustiva rendicontazione delle entrate e delle uscite, in termini di fonti ed impieghi delle risorse, di criteri per il loro reperimento/destinazione, della distinzione fra risorse impiegate per il funzionamento e risorse destinate alle attività core;
il ricorso a certificazioni o altre forme di attestazione indipendente della qualità dell’operato gestionale. In questo medesimo contesto, possono assumere particolare valore anche l’adesione a protocolli volontari o altre forme di autodisciplina, quali ad esempio quelle promosse dall’Istituto Italiano della Donazione.
In tema di reputazione, invece, il set d’iniziative poste in essere da una ONP deve mirare ad alimentare attivamente il proprio percepito reputazionale, con l’intento di innestare il circolo virtuoso della fiducia che – come abbiamo visto – svolge un ruolo essenziale per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’organizzazione.
Pertanto, ecco alcuni spunti concreti da prendere in considerazione per sostenere la reputazione di una ONP:
valorizzare attivamente il profilo di trasparenza dell’organizzazione, dando pubblicità e visibilità alle iniziative, alle scelte organizzative e di governance, ai risultati concreti che sostanziano l’orientamento attivo della medesima in direzione di un’elevata trasparenza;
quantificare e valorizzare verso gli stakeholders il “valore aggiunto” generato dalle attività della ONP, nelle diverse forme che esso va ad assumere. In questo senso, possono risultare utili le prassi e gli standard di rendicontazione tipici della corporate social responsibility (CSR). Ad esempio, la Global Reporting Initiative (GRI) ha sviluppato un framework specifico per le organizzazioni non profit;
responsabilizzare ed “ingaggiare” tutti i membri dell’organizzazione in relazione alla responsabilità collettiva di essere artefici ed evangelisti della reputazione, nel contesto di un forte ancoraggio al profilo identitario della ONP;
monitorare attivamente la propria reputazione, sia attraverso i circuiti di propagazione e verifica più tradizionali (corpo associativo, territorio, istituzioni locali, ecc.), sia tenendo d’occhio “cosa si dice” dell’organizzazione nel grande tam tam globale del web. I medesimi canali, oltre che fonte potenziale di minaccia, possono costituire altresì una fondamentale cassa di risonanza per quanto di buono e di bello una ONP con una reputazione eccellente sa fare nel quotidiano.
Ascolto
Per l’importanza che assume quale ponte fra l’organizzazione ed il contesto circostante, l’ascolto non può essere improvvisato né svolto estemporaneamente, ma richiede di essere programmato. Si tratta, a tutti gli effetti, di un processo (strategico) dell’organizzazione, collocato in posizione nevralgica rispetto ad altri importanti processi di diagnosi e orientamento strategico.
In termini di modalità realizzative, le attività di ascolto possono avvalersi del classico repertorio delle ricerche di mercato. A seconda della popolosità della categoria di stakeholders da indagare, ci si potrà avvalere delle tecniche di ricerca qualitativa o quantitativa. Così, ad esempio, per esplorare e comprendere i bisogni e le valutazioni di ambiti circoscritti di soggetti quali i dipendenti, le istituzioni pubbliche, ecc., si potranno realizzare focus group, interviste individuali, forum e discussioni on-line; viceversa, per categorie più vaste come gli utenti, i sostenitori, la cittadinanza, si potrà ricorrere a sondaggi quantitativi tramite questionari somministrati in modalità face-to-face, cartacea, telefonica, web.
Date le ridotte disponibilità di risorse che – in genere – le ONP si trovano ad affrontare, è evidente che le attività di ascolto debbano essere pensate e realizzate “in economia”; a tale scopo, può essere verificata la possibilità di maturare collaborazioni con Università ed altri enti di formazione, con l’obiettivo di porre a sinergia le rispettive esigenze. Si può ipotizzare la progettazione e realizzazione delle attività di ascolto nell’ambito di progetti di ricerca accademica, di tesi universitarie, di project work a cura di classi di master e altri corsi, oppure di tirocini formativi.
Come affermato già in precedenza, per produrre i suoi effetti in chiave di marketing strategico, l’attività di ascolto deve collocarsi nel contesto di un ciclo attivo di rilevazione ed azione, sviluppato secondo le seguenti fasi: definizione degli obiettivi; identificazione dell’universo d’indagine; costruzione di un campione; reperimento; rilevazione; elaborazione dei dati raccolti; analisi delle evidenze; disclosure dei risultati; progettazione di interventi di miglioramento.
Un passaggio fondamentale è rappresentato dalla congiunzione tra le evidenze d’indagine raccolte attraverso le attività di ascolto, ed il patrimonio informativo interno della ONP (v. punto successivo “analisi e misurazione”); le due prospettive conoscitive, infatti, si complementano e si rafforzano mutualmente, abilitando una prospettiva di lettura organica dei fenomeni.
Oltre alle attività periodiche di ascolto attivo da realizzare secondo una periodicità programmata, tuttavia, è importante che la ONP preveda e apra canali di ascolto “reattivo” costantemente accedibili, così da abilitare la manifestazione spontanea della voce dei propri stakeholders. In questo senso, di grande aiuto possono essere i nuovi canali social (Facebook, Twitter, ecc.), che oltre ad essere un tramite di comunicazione push, dall’organizzazione agli utenti, possono rappresentare uno “sportello ascolto” sempre attivo e di diffusissima accessibilità.
Il cenno appena fatto ci dà la possibilità di richiamare il ruolo cruciale, a tendere, dei canali digitali nell’innovare e modificare strutturalmente lo scenario in termini di modalità di ascolto, dialogo, interazione con il mondo circostante. Per una ONP che si trovi a progettare la propria strategia di ascolto per il futuro, le opportunità offerte da tali strumenti ampliano enormemente le opzioni disponibili per catturare la voce dei propri stakeholders.
Analisi e misurazione
Il primo passo per impostare un set di attività analitiche in una ONP è rappresentato dalla ricognizione dei dati che si vengono a rendersi disponibili attraverso le tipiche attività operative ed amministrative dell’organizzazione. Così, ad esempio ed a seconda dell’attività svolta, dovrebbero essere disponibili dati relativi a:
utenti serviti e loro principali caratteristiche anagrafiche;
quantità, qualità, frequenza, altre informazioni salienti delle attività o dei servizi realizzati, e loro destinatari;
donatori e donazioni, e altre informazioni salienti delle attività di fund-raising;
aderenti, membri, volontari, nel caso di associazioni di volontariato o di promozione sociale, e loro principali caratteristiche socio-anagrafiche.
Individuate le fonti di dati disponibili, questi vanno normalizzati, aggiornati/qualificati, e quindi organizzati in una base dati di tipo relazionale, in modo da abilitare la possibilità di effettuare attività analitiche. In termini di strumenti, può essere sufficiente ricorrere a software come MS Access o altri con caratteristiche simili, o addirittura limitarsi a fogli elettronici come MS Excel. E’ importante prevedere, sin dal principio, la costituzione di una buona profondità storica delle viste informative disponibili, in modo da rendere possibile l’effettuazione di analisi dei fenomeni nella loro evoluzione temporale, e porre sempre a confronto i dati del presente con le dinamiche del passato.
Una volta organizzato il set informativo di base immediatamente fruibile, è fondamentale realizzare un’analisi dei gap esistenti fra le informazioni disponibili ed i concreti bisogni conoscitivi del management della ONP. In base a tali gap, andrà impostato un piano di progressivo reperimento, con lo scopo di ampliare nel tempo la base analitica.
Le informazioni disponibili, poi, possono assumere maggior potere conoscitivo se arricchite nel tempo. A questo scopo, possono essere verificate le possibilità di arricchimento attraverso fonti esterne (elenchi pubblici, data provider, ecc.); oppure, è possibile programmare attività di data collection direttamente sul campo: a titolo di esempio, si pensi a questionari o form di raccolta dati inviati a sostenitori, aderenti, utenti; oppure, alla registrazione d’informazioni in occasione di eventi quali assemblee, incontri periodici, ecc.; oppure ancora, alle opportunità di raccolta di dati tramite i canali digitali (e-mail, sito internet, social network). Data la valenza di un’attività di arricchimento del patrimonio informativo di una ONP, essa potrebbe anche essere svolta con modalità incentivata, individuando forme semplici e poco dispendiose per indurre i soggetti target a fornire informazioni con maggior slancio.
Un tema critico per le ONP, specialmente quelle di minori dimensioni ed una più elementare articolazione organizzativa, è senz’altro quello legato alle competenze necessarie per dare vita ad attività analitiche. Un primo passo può essere, quindi, rappresentato dalla verifica e dalla riflessione sulle competenze o la vocazione disponibili, anche in nuce, con l’obiettivo di identificare un referente per tali attività, sul quale impostare un programma di progressivo acculturamento e sviluppo. Per la realizzazione di un percorso di formazione, oltre alla frequenza di corsi esterni, la ONP può valutare l’opportunità di mettersi in rete con altre associazioni, oppure richiedere assistenza a CSV o organismi di rappresentanza della categoria/settore.
A questo punto, per la ONP è possibile impostare un’attività iniziale di analisi e di misurazione dei principali fenomeni; le analisi potranno riguardare la distribuzione di grandezze e fenomeni in rapporto alle principali variabili descrittive (es. distribuzione territoriale, distribuzione temporale, classi d’importo, di frequenza, età dei soggetti, ecc.), con l’obiettivo di “aprire” la situazione oggetto d’indagine, e favorirne la lettura e la comprensione. In via più approfondita, poi, le singole distribuzioni possono essere poste “a matrice” in relazione fra loro, in modo da analizzarne l’articolazione rispetto a più variabili. L’adeguato livello di profondità analitica andrà trovato nel tempo, in funzione delle esigenze interpretative, e della maturazione – in parallelo – delle competenze e dell’esperienza interne.
Un ultimo, importante cenno – infine – all’utilità di organizzare un’attività di reporting cadenzato delle principali analisi realizzate, con l’obiettivo di educare l’organizzazione a leggere sé stessa con un grado via via maggiore di oggettività e di analiticità. A questo scopo, è suggerito di ampliare – nel tempo – lo spettro di disclosure interna delle informazioni generate, alimentando l’allineamento delle persone e la consapevolezza collettiva delle dinamiche dell’organizzazione; tale percorso, poi, potrà sfociare sino alla divulgazione esterna dei principali fenomeni che descrivono l’attività della ONP, attraverso documenti periodici di rendicontazione.
Progettazione
L’approccio proposto si basa su di un semplice ciclo “analisi->prioritizzazione->progettazione-> realizzazione->monitoraggio”, e può consentire di intervenire con gradualità e concretezza nella riconfigurazione dei principali processi ed attività dell’organizzazione.
Il primo passo è rappresentato dalla mappatura della situazione attuale, con il duplice intento di descrivere e formalizzare l’attuale funzionamento del/i processo/i sotto esame, e mappare la corrispettiva esperienza dalla prospettiva baricentrica dell’utente/destinatario. E’ questo un passaggio fondamentale, in quanto è soltanto “uscendo” dalla prospettiva – e dai relativi pagadigmi – dell’operatore, ed “entrando nelle scarpe” dell’utente/destinatario, che è possibile cogliere i gap esistenti. Per agevolare l’esercizio di proiezione, può venire in aiuto la leva dell’ascolto e della ricerca (v. punto trattato in precedenza), attraverso la quale è possibile dare voce al vissuto ed al percepito di coloro che sono i terminali di sbocco delle attività della ONP, saltando tutti i filtri cognitivi ed intepretativi che si frappongono in mezzo.
Attraverso le attività di mappatura e diagnosi, diviene così possibile identificare gli elementi critici dell’esperienza offerta dalla ONP, ed impostare un piano di prioritizzazione per giungere a ricodificarli in direzione di un miglior percepito da parte dell’utente/destinatario, e di un più consapevole governo da parte dell’organizzazione stessa.
Nella riprogettazione, gli utenti possono giocare un ruolo fondamentale non soltanto come fulcro passivo della riconfigurazione del processo, ma anche come soggetti attivi in logica di co-progettazione e co-creazione. In questo senso, è suggerito di guardare con interesse alle nuove opportunità offerte dagli strumenti e dai metodi di collaboration, che possono consentire di incorporare nativamente elementi di attese e bisogni degli utenti, originando processi ed attività avvertiti come più calzanti (fit).
Alla fase di progettazione ed implementazione è importante fare seguire adeguate attività di test e verifica in scala prototipale delle innovazioni progettate. Troppo spesso si assiste, infatti, al lancio “senza paracadute” di attività ed iniziative lacunose, che una semplice attività di prova ed osservazione in ambiente circoscritto avrebbe consentito di ottimizzare.
Successivamente al lancio dei nuovi processi o delle nuove attività, infine, la ONP è chiamata a mantenere un presidio ed una consapevolezza costante su di essi in termini di ritorni e performance; a tal fine, è opportuno definire semplici driver di monitoraggio (v. analisi e misurazione) attraverso i quali verificare nel tempo la qualità erogata e percepita, e porre in essere con tempestività eventuali interventi correttivi o di miglioramento.
Conclusioni
Il progresso negli studi sul marketing, avvenuto negli ultimi quindici anni, ha finalmente collocato la disciplina in una posizione nevralgica nella sequenza strategico-gestionale delle organizzazioni. Il marketing – come detto in apertura di capitolo – ha la capacità ed il compito di tenere assieme il “senso” di un’organizzazione ed i suoi atti concreti, di connettere i fattori gestionali ed operativi tangibili con quelli intangibili, di attraversare l’organizzazione congiungendo le performance ai soft skills interni ed ai soft factors esterni. E in tutto questo, il marketing rivela la sua natura innanzitutto strategica.
Ciò nonostante, in Italia ma non solo, parlare di marketing strategico è quasi tabù; lo si sperimenta anche soltanto inserendo il termine nei motori di ricerca, negli shop on-line di libri, nei social network di tipo professionale, negli annunci di lavoro. La disciplina sconta ancora, ahimè, una colpevole connotazione riduttiva e ancillare, che la pone ai margini delle dinamiche strategiche e gestionali interne ad aziende ed organizzazioni.
Come abbiamo tentato di argomentare in questo capitolo, tuttavia, più marketing strategico può essere la ricetta decisiva per trovare nuove vie nella mappa competitiva di una ONP, aiutando a porsi le domande giuste (perché), indirizzando verso i fattori strategici decisivi (cosa e chi), traducendo il pensiero in azione con metodo (come).

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