“I don’t do maths”

In una bella intervista apparsa sul Financial Times tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre 2013, il Prof. Ha-Joon Chang della Cambridge University UK, parla dell’essenza dell’economia e dell’essere economisti: “ Moral dilemmas are unavoidable….Don’t forget that, at least in this country, economics used to be a branch of moral philosophy. Adam Smith, Karl Marx, Joseph Schumpeter, they are not just writing about economics, but about politics and culture and society and morality…..How has this wonderful subject we call economics become so narrow minded? I find that really sad”.
Locuzione strepitosa e forse triste al tempo stesso, racconta molto delle tendenze attuali degli economisti e presunti tali a modellizzare teorie che tali sono e rimangono: il compito dell’economia sarebbe invece quello, anche come afferma il Prof. Chang, di cambiare il mondo e non di accettarlo per come è.
Il conformismo accademico che per molti anni ha escluso il Prof. Chang, definendolo ad esempio un “sociologo” proprio perchè l’illustre accademico si rifiutava di prendere a paradigma ultimo la creazione in laboratorio di modelli economici poco praticabili e puramente irreali, ha profondamente condizionato il dibattito politico, civile e sociale su quale economia e quale modello di sviluppo riteniamo più praticabile ed opportuno.
E’ bello che anche il Fondo Monetario Internazionale se ne sia finalmente accorto e chiami il Prof. Chang regolarmente, in veste di relatore, a conferenze e dibattiti!
Il modello di sviluppo economico propugnato da Community Centro Studi, basato sullo sviluppo dal basso dei fattori produttivi, sulle tematiche tipiche dell’economia non a scopo di lucro, sui principi di una gestione aziendale basata su leadership condivise e multiple, sull’empatia e la motivazione, sulla creatività e l’innovazione, forse ha trovato un altro testimone e compagno di viaggio.

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